Teatro Cantiere Florida
Tessera 2019—2020

Venerdì 14 e sabato 15 febbraio 2020
danza
evento speciale a cura di Elsinor
TEATRO DELLA TOSSE | BALLETTO CIVILE
AXTO
Oratorio per corpi e voci dal labirinto

testo Emanuele Conte
regia di Emanuele Conte e Michela Lucenti
coreografie Michela Lucenti
impianto scenico Emanuele Conte
luci Andrea Torazza
costumi Daniela De Blasio
rielaborazioni musicali Massimo Calcagno
collaborazione al testo Elisa D’andrea, Luigi Ferrando
assistenti alla regia Alessio Aronne, Natalia Vallebona, Ambra Chiarello
con Michela Lucenti, Maurizio Camilli, Emanuela Serra, Filippo Porro, Alessandro Pallecchi, Francesco Gabrielli , Aristide Rontini, Lisa Galantini, Enrico Casale
performer nel labirinto Attilio Caffarena, Pietro Fabbri, Francesco Gabrielli, Luca Hardonk, Gianluca Pezzino, Arabella Scalisi
direttore di scena Roberto D’Aversa
elettricista Davide Bellavia
macchinista Fabrizio Camba
attrezzista Renza Tarantino
sarta Anna Romano
produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, Balletto Civile, Artisti In Piazza – Pennabilli Festival

Emanuele Conte e Michela Lucenti portano in scena il mito del Labirinto e del  Minotauro: la compagnia di danzatori, attori e cantanti del Teatro della Tosse e di Balletto Civile dà corpo e voce a questo racconto, epico e familiare, in uno spettacolo che nasce dalla terra e dal sudore. Dalla terra affiorano pochi mobili e suppellettili come se un appartamento fosse stato invaso dal fango di un’alluvione e poi fosse riemerso in parte. L’ambiente nel quale il mito del Labirinto e del Minotauro viene celebrato è la casa e i protagonisti, a officiare il rito, sono i familiari. Il “mostro” ora è chiuso tra le mura domestiche.

Cos’è il labirinto? Un posto dove perdersi, o un posto dove nascondere quello che ci fa paura? Una prigione, un manicomio, un’isola. Entriamo nel labirinto, il cervello umano, perdiamoci, lasciamo un filo rosso dietro di noi per ritrovare l’uscita, o forse l’entrata. Un percorso che parla di solitudine estrema e dei muri, che dovrebbero proteggerci e che invece non fanno che consolidare il nostro isolamento. Avidamente ricerchiamo la luce e riemergiamo dall’architettura infernale dei nostri pensieri solo dopo aver abbandonato lungo la strada un cadavere, o forse un guscio che non ci serve più e voltandoci indietro scopriamo che il mostro aveva il nostro volto.